Il bel parco archeologico di Metaponto ha visto, a fine luglio, una serata affascinante organizzata dall’Arch. Mino Dell’Omo, Presidente dell’Accademia della Luce Matera.

 
 
 
 

E’ stato un evento insolito che, permeato di arte e cultura, ha permesso ai presenti di gustare varie esperienze di lavoro sulla “luce”, con presentazione di realizzazioni concrete e proiezioni di video multimediali creati per la valorizzazione dei beni culturali.

Il tema del “Percorso della luce”, fonte di ispirazione che ha sempre accompagnato la vita professionale dell’Arch. Dell’Omo, è stato egregiamente svolto da tre famosi autori già conosciuti dagli esperti del settore: Donato Maniello, Matteo Ferroni e Luca Beltrame.

 
 

L’Arch. Donato Maniello, esperto in comunicazione multimediale e specializzato nelle Nuove Tecnologie per l’Arte, ha esposto la sua ricerca nel campo della fotografia applicata alle relazioni esistenti tra spazio architettonico e arte.

Nel suo discorso al “Percorso della luce” ha ricordato le sue performance di video mapping sia in Italia che all’estero, aprendo scuarci interessanti agli scenari digitali più contemporanei.

 
 

Matteo Ferroni, architetto perugino, ha coinvolto gli ascoltatori con la sua esperienza di vita nell’Africa subsahariana, dove, osservando attentamente i nativi, ha colto la necessità di pensare, ideare e produrre un utensile necessario alla vita dei villaggi: un lampione portatile a energia solare.

 
 

Poi l’imprenditore modenese Luca Beltrame non è stato da meno, entusiasmando tutti sul tema della foto-luminescenza e del suo “grande respiro luminoso”.

Fondatore, nel 2006, della società Lucedentro srl, Beltrame ha esposto brillantemente il suo punto di forza nella ricerca dei vari campi applicativi della foto-luminescenza:
proprietà distintiva di alcuni silicati della terra, che hanno la capacità di trattenere la luce solare o elettrica e di riemetterla al buio.

 

Architettura, design, Beni culturali, energia solare, risparmio energetico, tecnologia e prodotti del futuro: “una serata informale tra amici” che ha fatto sentire la vitalità dell’uomo applicata all’intelligenza verso soluzioni ottimali per il bene comune.

Arch. Lorenzo Margiotta

 

Donato Maniello

Architetto e dottore di ricerca in “Materiali e Strutture per l’Architettura”, indirizza la sua ricerca nel campo della fotografia affrontando un percorso che lo porta nel tempo ad indagare le relazioni esistenti tra spazio architettonico e arte. Dal 2012 è impegnato in una intensa attività di formazione presso istituti privati, di attività di seminari in università e accademie italiane, docente a contratto per il corso Accademico di “Applicazioni Digitali per le Arti Visive” presso l’accademia di Belle Arti di Napoli e libero docente per i workshop relativi alle NTA.

Nel suo discorso al “Percorso della luce” ci ha parlato dello Studio gloWArp (glowarp.com), studio di comunicazione multimediale specializzato nelle Nuove Tecnologie per l’Arte (NTA) e alla loro diffusione, da lui fondato nel 2010 e di cui è Art Director. Dallo stesso anno ha iniziato a realizzare performance di video mapping sia in Italia che all’estero. Attualmente la ricerca dello Studio è focalizzata all’uso delle NTA nel campo della valorizzazione dei beni culturali indoor e dell’uso della realtà aumentata in campo museale. Lo Studio è impegnato inoltre nella cura di Festival di arti digitali tra cui il GLOWFestival, evento itinerante interamente dedicato alla realtà aumentata indoor e alla luce come medium creativo.

Un veloce accenno al suo libro “Realtà aumentata in spazi pubblici: tecniche base di video mapping” (Le Penseur Editore). Il primo volume della serie e dedicato alle Nuove Tecnologie applicate all’Arte ed è rivolto a tutti gli studiosi di arti digitali che desiderano avvicinarsi per la prima volta alla tecnica del video mapping. L’incontro apre le porte agli scenari digitali più contemporanei. Lo Studio gloWArp ha condensato nel libro l’esperienza di cinque anni di attività nel campo del video mapping e della formazione ed è stato edito anche in inglese.
Il libro con i suoi dettagliati contenuti, aggiunge alla comunicazione una dimensione in più che è quella emozionale, seducendo con l’illusorietà della terza dimensione e della luce, trasformando qualsiasi superficie in un display dinamico attraverso questa tecnica contemporanea e tende a conferire gli strumenti di base per poter effettuare da sé i primi esperimenti di video mapping mentre per tecniche più complesse si dovrà aspettare il secondo volume in preparazione, che vedrà il contributo di professionisti a livello internazionale.

Durante la serata sono stati proiettati dei video dello Studio gloWArp dedicati alla realtà aumentata indoor per la valorizzazione dei beni culturali, in particolare del GLOWFestival e dell’ultima ricerca portata avanti dallo Studio in cui è stata applicata la realtà aumentata attraverso il protocollo ARIM (Augmnetde Reality In the Museum) sfociata nella realizzazione di un totem multimediale che sfrutta la tecnica del video mapping sul blocco N LXVI del fregio nord del Partenone, per consentire una esperienza di fruizione museale diversa e più vicina alle esigenze del museo che cambia.

 

Matteo Ferroni

Matteo Ferroni, architetto, nato a Perugia nel 1973 e laureato all’Università della Svizzera Italiana, viene premiato dalla Città di Barcellona con una menzione d’onore al City to City Award.

“Io sono architetto ma non mi ero mai occupato di luce, sono andato giù con una convinzione, o un concetto, che era quello di illuminare la vita anziché gli spazi”
Inizia così il suo discorso all’evento “Il percorso della luce” e comincia a raccontare la lunga strada che l’ha portato in Mali, nel cuore dell’Africa subsahariana, dove è stato pioniere di un’invenzione del tutto innovativa nella sua concezione e realizzazione: un lampione portatile a energia solare per far luce (solo quando serve) nei villaggi rurali dove non c’è elettricità.

“Lavoravo all’allestimento dello spettacolo di Ronconi ‘Il bosco degli spiriti’, tratto da un racconto africano che corrisponde più o meno al mito di Orfeo. Sul set ho incontrato la cantante maliana Rokya Traoré. È stata lei a chiamarmi per andare a lavorare in Mali. Voleva costruire un teatro all’aperto a Bamako. Abbiamo cominciato, ma ora purtroppo il progetto è fermo a causa del conflitto che ha investito il Paese”.

In Mali viene folgorato dai villaggi, dalla vita rurale e contrariamente a quello che si aspettava, più che povertà ha visto armonia. La vita è fragile, certo. È facile morire per una malattia. Ma non ha visto la fame. Come architetto gli interessava capire cosa rendeva possibile questo tenore di vita in una comunità con pochi mezzi in un ambiente naturale così difficile, dove il termometro arriva spesso a sfiorare i 50 gradi. Un altro aspetto che lo ha affascinato era la loro concezione di bene collettivo. I villaggi non sono isolati ma formano delle comunità. Un villaggio, da solo, non potrebbe mai permettersi un mulino per macinare la farina. Allora ci si mette insieme, in cinque, otto villaggi. Così avviene per la scuola e per i centri sanitari, ognuno dà il suo contributo.

Il lavoro sulla luce è venuto dopo. Comincia a frequentare sempre di più i villaggi e a viverci per periodi sempre più lunghi. Si accorge che i ritmi di sonno e veglia sono diversi da quelli occidentali: la vita sociale si svolge soprattutto di notte, quando il clima è più sopportabile. Per illuminare si usano torce elettriche, nel caso di cerimonie si affittano generatori, che però sono costosi. Quando ha cominciato a ragionare sulla luce non era convinto che fosse indispensabile per la loro vita, si chiedeva perché dovesse cambiare un modo di vivere che fino ad allora aveva funzionato.
Intanto continuava a osservare le persone: si accorgeva che quando parlavano fra di loro mantenevano sempre una certa distanza. Vivendo con loro si era fatto l’idea che questo spazio relazionale corrispondeva all’ombra dell’albero. Durante il giorno erano abituati a condividere questo spazio. Allora ha cominciato a farsi spazio l’idea di una luce che corrispondesse all’ombra dell’albero. Per illuminare la notte dei villaggi ha iniziato a immaginare uno strumento che fosse però funzionale alle azioni e alla vita. I lampioni fissi esistono in qualche piazza di villaggio del Mali, dono di qualche progetto di cooperazione internazionale. Ma Ferroni si accorge che la gente non li usa. Le cerimonie e le azioni sono itineranti e si svolgono in altri spazi.

Così è venuta l’idea di creare un utensile per illuminare le attività piuttosto che gli spazi.
L’utensile doveva essere facilmente trasportabile, alimentabile con poca spesa, costruito con materiale reperito in loco. Ecco come è nato il prototipo: un lampione posto su un’asta saldato a una ruota e a una batteria caricata a energia solare. “Come architetto e designer ho prestato attenzione all’estetica” dice Ferroni. “Ho pensato a un utensile portatile, quindi con una ruota, e la bicicletta mi sembrava un oggetto che esprime bellezza ed equilibrio. Infatti mi ha permesso di realizzare un oggetto che arriva a 3 metri e 60 di altezza, porta una batteria ed è trasportabile da un bambino di otto anni”. Tutta la struttura è realizzata da artigiani locali con materiali che si trovano facilmente nei villaggi, fatta eccezione per il led importato dalla Cina.
Ha cominciato a produrre un prototipo e il giorno dopo il villaggio vicino ne ha richiesto un altro esemplare. In meno di un mese 60 villaggi avevano chiesto al sindaco del villaggio in cui viveva di poter avere altri lampioni portatili. Il sindaco lo ha fatto chiamare e gli ha chiesto se la sua invenzione si poteva trasformare in un progetto.

Un aspetto interessante, ci spiega Ferroni, è la gestione collettiva della luce. Ogni villaggio che ne fa richiesta riceve quattro lampioni. A gestirli è un comitato composto di rappresentanti di diversi gruppi: ci sono sempre una donna, un anziano, un giovane e un tecnico. Il comitato dà la luce a noleggio e il ricavato alimenta una cassa comune, che poi viene utilizzata per finanziare altre micro attività imprenditoriali. La luce unisce le persone, attorno ad attività o a una cerimonia. Facilita lavori che vengono compiuti di notte, dalla vaccinazione degli animali alla pesca sul fiume con le piroghe, alla ristrutturazione di una moschea. I villaggi non pagano, ma hanno un anno di tempo per ridare dieci telai di bicicletta che serviranno per costruire altri lampioni, spiega Ferroni. Per loro è tanto. Un telaio potrebbero venderlo a 8 euro, dieci telai quindi valgono 80 euro.

La luce portatile, “foroba yelen” in lingua locale, ha vinto il premio innovazione urbana della città di Barcellona. Per sostenere il progetto in Mali Ferroni ha aperto la fondazione eLand, con il supporto di Haus der Kulturen der Welt.

 

Luca Beltrame

Luca Beltrame, imprenditore modenese, fonda nel 2006 la società Lucedentro srl facendo di questa società un punto di forza nella ricerca dei vari campi applicativi della foto-luminescenza.

La foto-luminescenza è la proprietà distintiva di alcuni alluminati e silicati della terra, non tossici ne radioattivi, che hanno la capacità di trattenere la luce solare o elettrica e di riemetterla al buio per un periodo di 10 ore, declinata in alcuni colori emozionali quali il verde, l’azzurro cielo e l’acquamarina. Essendo un principio fisico e non chimico la foto-luminescenza ha una vita pressoché infinita, o per lo meno pari a quella del supporto sul quale viene applicata. Tutti i giorni si carica di luce solare e tutte le notti la riemette al buio.

Nel suo intervento al “Percorso della Luce” Luca Beltrame ha parlato delle applicazioni sviluppate in collaborazione con il dipartimento di ingegneria dei materiali dell’Università di Modena, il Politecnico di Milano e di Torino, Tor Vergata di Roma, il dipartimento di design industriale della facoltà’ di architettura a Calenzano (FI). Questa contaminazione culturale e tecnica ha portato Lucedentro ad elaborare due linee di pensiero :
– la prima: identificare i settori applicativi ove la foto-luminescenza assume un suo preciso significato;
– la seconda: elaborare sistemi applicativi più complessi per interrompere la curva di caduta luminosa attraverso il suo ripristino utilizzando un minimo di energia elettrica per ottenere in taluni casi una costanza di rendimento luminoso ed in altri, ciò che il dr. Beltrame ha definito un “grande respiro luminoso”.

Le aree applicative sono :
– Architettura e design:
l’oggetto foto-luminescente si trasforma durante la notte, si carica di un nuovo valore emotivo ma, allo stesso tempo, diventa funzionale. Vernici, vetri, materiali plastici e ceramici forniscono il supporto per la decorazione di ambienti curati nel design, creando suggestivi giochi di colore e nuovi contrasti, in sale da bagno, locali di tendenza, aree wellness e zone relax.
– Sicurezza:
si tratta di pittura murale idonea ad applicazioni su qualsiasi superficie dura (murature, intonaci, pietre, cementi, asfalti, ecc.), oppure oggetti stampati in plastica o altri materiali in grado di segnalare le vie di fuga anche in caso di completo blackout. Questi ed altri supporti sono applicabili in tutti i contesti in cui è richiesta visibilità in assenza di luce, particolarmente indicato per la segnaletica stradale. Si vogliono inoltre costruire dei segna passi arricchiti con una striscia catarifrangente, uno strumento utilissimo sia per le auto che per i pedoni. Si è inoltre studiato e brevettato una collezione di capi di abbigliamento per il ciclismo con una azienda di Brendola (VI), realizzata con i tessuti foto luminescenti, frutto della Ricerca e Sviluppo di Lucedentro e del partner tecnico Akkotex, e questa collezione è stata selezionata per concorrere all’assegnazione del prestigioso Well-Tech Award, premio internazionale all’innovazione tecnologica.
– Risparmio energetico:
grazie alla combinazione di sistemi foto voltaici e foto luminescenti, sapientemente coniugati con una demotica di base, si possono costruire dei pali per l’illuminazione pubblica o privata il cui risparmio energetico può arrivare dal 70 al 90% e queste cifre valgono soprattutto perché rispecchiano i valori di mancata co2 messa in circolo. La configurazione di questi pali della luce è assolutamente personalizzabile. Ad esempio: un cliente potrebbe programmare l’emissione di luce bianca solo fino alle 11 di sera ed accontentarsi dell’emissione foto luminescente, tenuta in costanza di rendimento per il resto della notte. Un’altra soluzione più evoluta è che il palo può fornire illuminazione a led bianchi su richiesta, cioè al passaggio o di auto o di pedoni, tramite sensori di presenza. Questa soluzione sarebbe ideale per le vie a basso scorrimento o nei parchi pubblici.

Infine, il dr. Beltrame ha parlato di essere stato per lungo tempo in Giappone a investigare la possibilità di mettere dei pigmenti foto luminescenti nella carta e a costruire un camminamento emozionale nel parco sacro del Ryoanji. E’ stato un periodo piuttosto arduo ma, lungo il percorso, ha incontrato due persone magnifiche, un maestro zen e un poeta che vive in Italia e che si chiama Nagayama Norio; è un calligrafo, il secondo al mondo dopo il calligrafo dell’imperatore del Giappone. Ha disegnato lui il logo della sua società che indica esattamente “luce dentro”, la luce che viene dal cuore.
L’idea è che, nei momenti peggiori, quando sembra che tutto vada storto, questa luce “minore” sia lì a ricordarti che la tua luce interiore non deve spegnersi mai.

 
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